Friday, August 2, 2019


            2 Agosto, il percorso di Nakasendo, Tsumago-Magome.

            Tra Kyoto e Tokyo l’unico percorso ancora intatto di quei porta lettere del periodo Edo è quello tra i piccoli villaggi di Tsumago e Magome, 7,5 km tra risaie, cascate, foreste, antichi templi e pietre tombali.

            La mattina presto in treno pieno di lavoratori vestiti con camice azzurro chiaro e leggeri pantaloni lunghi blu scuro i turisti erano pochi e fluorescenti.

            Nell’ultima carrozza il controllore ad ogni fermata apriva la porta del suo compartimento, faceva un inchino accennato e si avviava a controllare i biglietti di tutti i passeggeri. Poco prima della fermata successiva, il controllore era sospinto indietro al suo compartimento. La forza di gravità era l’annuncio al microfono della prossima fermata. Ma prima di entrare si girava verso i passeggeri della carrozza, faceva un altro inchino e rientrava nel suo compito. Otto fermate, sedici inchini. Sembrava una molla che più si allungava dentro la carrozza del treno più velocemente ritornava alla sua posizione di partenza, soprattutto quando c’era poco tempo tra una fermata ed un'altra.

            Tsumago, piccolo villaggio turistico/Edo. Case che vanno a braccetto l’una con le altre, che si affollano sulla stradina principale. Tra un museo e qualche negozio sparso, tra qualche olandese che cercava acqua e qualche giapponese seduto a disegnare uno scorcio di quella storia, il caldo era già nel pieno della sua gioventù. Io avevo già messo la canottiera e dovevo iniziare i 7,5 km.





            Il Nakasendo il (nome del percorso che facevano i porta lettere) inizia con un alternanza di asfalto, pietre o semplice terriccio. A volte si sposa con foreste di bambù, che crescono alti e spessi, con cedri, vecchietti con più di 400 anni, con cascate pullulanti d’acqua e non solo. A volte invece divorzia diventando strada per auto di passaggio, stradina di case abitate, risaie abbandonate alla sterpaglia.




            Io ero arrivato a essere pelle e soprattutto sudore. Sulla mappa c'era segnato il momento dove il cammino s’inerpicava fino ad arrivare a 800 m. Quello era anche il punto di un casolare, una vecchia locanda, un punto di ristoro. 
             Entro e oltre al vecchio cammino, vi è un vecchio gestore. Vede la mia condizione e con poche parole gestuali invita  a sedermi. Offre del tè caldo, delle cipolle sotto aceto e un pomodorino ben lavato e lucente. Io accetto tutto e in silenzio mi lascio attraversare dalla stanchezza, dal caldo del fuoco che lì a lato riscalda una teiera appesa al tetto, dal sapore agrodolce del pomodorino e dal vento che gioca a nascondino tra la porta d’entrata e quella del retro.


            Osservo quella teiera appesa al tetto, pensando a quante volte sia stata là ad attendere i viaggiatori tra le due città, tra continenti e oceani del pianeta. Là quella teiera immutabile al caldo, al freddo, alla pioggia di tutte le stagioni del mondo. Una teiera che subiva gli umori, le risate, le imprecazioni, i dolori, i racconti dei postini di una volta. La teiera che ora forse non è più la stessa e che osserva i nuovi viaggiatori, con le loro voci eccitate, con i loro ringraziamenti nel quaderno dei commenti, con i loro click e ricordi scattati.
  
            Di lì a poco vado su sono a vilaggio Edo/turistico di Magome. Faccio il check-in, arrivo nella mia stanza, non c’è il letto. Butto a terra il futon, mi sdraio e là riposo dopo aver compiuto il mio dovere.

            Oggi inizierò un ritiro meditativo fino al 14. E anche la storia del panda rosa sarà per la prossima volta.     

3 comments:

  1. Trova te stesso amico mio... così mi spieghi un po di me stesso...
    By PelusoG.

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  3. ti aspettiamo qui fuori per continuare a viaggiare insieme

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